Jalaluddin Muhammad Akbar - dove"Akbar" sta per "Grande", l'attributo che il mondo islamico a volte dava a Dio - viene celebrato in una mostra a Roma a Palazzo Sciarra, cura di Gian Carlo Calza, dal 23 ottobre al 3 febbraio 2013.
Akbar (1542-1605) è stato un giovane e virtuoso guerriero che non imparò mai a leggere e scrivere. Pur rimanendo analfabeta, maturò molto gusto per l'arte, la musica, la letteratura e l'architettura. Trasformò l'India in una terra ricca e affascinante, e la corte della dinastia Moghul in un centro tra i più illuminati della storia, dove mecenatismo delle arti, tolleranza religiosa e vocazione internazionale alimentarono un leggendario Rinascimento d'oriente.
La sua grandezza non solo si misurava sulla capacità di conquistare territori: da quando salì al trono (all'età di 13 anni) raddoppiò i confini del regno, consolidò il dominio sugli attuali Afghanistan e Pakistan, oltre che sull'India centro-settentrionale; ma anche nella tolleranza verso il diverso da sé: abolì ogni dogmatismo religioso e creò occasioni d'incontro tra sciiti, sunniti, hindu, gesuiti, atei, filosofi e letterati. La religione divenne, dunque, uno strumento di unità. La mostra racconta attraverso più di 130 opere tra acquerelli, illustrazioni di manoscritti e oggetti di raro valore, la vita politica, militare, religiosa e artistica del regno di Akbar.
Le sale di Palazzo Sciarra sono state "orientalizzate", sembrano appartenere a un tempio indiano. Il percorso della rassegna ci restituisce la sua personalità. I momenti chiave della sua vita da imperatore vengono raccontati da preziose tempere e acquerelli su carta arricchiti d'oro: lo si vede conquistare popoli e terre, cacciare il temuto elefante Hawai'i, sposare principesse indù, circondarsi di una corte multietnica di ministri, con esponenti di religioni diverse, dai giainisti ai cristiani.
Si conosce l'amato figlio Salim, nato nel 1569 dall'unione con Hira...
Read the whole post...
Last comments